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giovane, gli fece alcune domande sull’Irem e sulla principessa. Il vecchio confessò non essergli rimasta se non un’idea confusa di quel paese, onde aveva udito parlare in sua gioventù. — Ma,» soggiunse poi, «andate a Kebr, il porto più frequentato dai negozianti di tutti i paesi dell’universo; vi troverete un certo Madehor, il quale potrà appagare la vostra curiosità.» Il vecchio insegnò la strada per recarsi a Kebr, ed aggiunse che abbisognavano trenta giorni per arrivarvi.

«Con questi schiarimenti, il principe d’Egitto prese congedo dal re, e si lasciarono giurandosi eterna amicizia. Dopo una felice navigazione di venticinque giorni, alzossi una furiosa tempesta, ed il principe ebbe non solo il dolore di veder perire il fiore della nazione egiziana, ma ancor quello d’essere spettatore della perdita del vascello sul quale Said era passato il dì prima: lo vide inghiottito dai flutti.

«Quel funesto caso lo rese insensibile al piacere della propria salvezza; immerso in profondo dolore, non s’accorse che il suo vascello, migliore o più fortunato, era il solo che avesse resistito alla burrasca. Fu tratto infine dall’abisso de’ suoi pensieri dall’attacco d’una nave scambiata sulle prime da’ suoi ufficiali per un bastimento mercantile, ma ch’era un legno di corsari neri. Questi, approfittando del disordine cagionato dalla bufera sul vascello pericolato, l’attaccarono, e lo presero malgrado il valore del principe e di tutti quelli che si trovavano con lui. Seifulmulok si vide fatto prigioniero con uno solo del suo seguito, essendo tutti gli altri periti nel combattimento.

«Il principe, incatenato, fu dai negri condotto su d’una montagna e presentato al loro re. Era costui un uomo di gigantesca statura, i cui occhi brillavano come stelle. Stava seduto sul trono; il giovane gli parve un boccone sì delicato (quei negri erano antro-