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cenci, trovò il mezzo di deludere la vigilanza dei compagni, e sbarazzarsi del cadavere, del quale non udimmo più parlare.

«Ubulok, non contento di aver disonorata la figlia del suo re, volle renderne palese a tutti la vergogna. Un giorno che stava ubbriacandosi con altre guardie del palazzo, riscaldato dal vino, si vantò di possedere, un’amante superiore d’assai a quelle che avevano avuto o che potessero avere. Più si burlavano di lui, più si riscaldava, e venne al punto di scommettere cinquanta zecchini; ma quand’ebbe nominata la figlia del re, i suoi compagni, sorpresi, gli dissero: — Bada a quello che dici, e pensa alla distanza che passa fra lei e te. — Non volete credermi?» rispose; «scommetto altri cinquanta zecchini che la farò venir qui. —

«La scommessa fu accettata: egli allora entrò nel palazzo, e trovata la mia padrona, la pregò di seguirlo per fargli guadagnare la scommessa. Il re, sgraziatamente, si trovava in una camera tanto vicina, che Ubulok, avendo minacciato di alzar la voce, il che bastava a perderla, se continuava a resistere alle sue domande, essa si vide costretta d’acconsentirvi. La rabbia onde si sentiva accesa contro un uomo così pericoloso non facendole respirar che atroce vendetta, prese un grosso pezzo d’oppio, e lo seguì.

«Trovò infatti molti uomini i quali, malgrado lo stato in cui li aveva messi il vino, si maravigliarono di vederla comparire, e vollero alzarsi per rispetto.

Ma Ubulok, che faceva gli onori, disse loro di non incomodarsi per lei, e quando ebbe ricevuti i cento zecchini della scommessa, li pregò di continuar a bere.

«Fu allora che la principessa, non potendo più soffrire tanta insolenza, colse il momento opportuno per gettar l’oppio nella bottiglia che le venne presentata.