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vane ne fu sgraziatamente colpito nel cuore, e sì addentro, che cadde morto sull’atto. La principessa mi chiamò per aiutarla in quel caso fatale: nostra prima cura fu di nascondere il cadavere; poscia mi raccomandò di cercar ogni mezzo per farlo portar via. Tali commissioni erano delicate, e non mi confacevano molto; sperai però che quell’avvenimento l’avrebbero resa più circospetta: essa me lo promise nei primi momenti del suo imbarazzo. Dopo aver pensato molto, io non trovai espediente migliore, per isbarazzarmi del sartore, che di rivolgermi ad un Arabo chiamato Ubulok: era un soldato della guardia, del quale io aveva udito citare la forza ed il carattere vivace, pronto alle risposte; io sperava che il suo impiego ed il suo spirito avrebbergli somministrati i mezzi di deludere la vigilanza delle altre guardie.
«Trovai infatti ii mezzo di farlo entrare nel palazzo e condurlo dalla mia padrona, la quale gli regalò cinquanta zecchini, e gli disse: — Porta via questo forziere,» mostrandogli quello in cui era rinchiuso il sartore. — Io non posso ubbidirvi,» rispose colui, «se non mi fate veder prima ciò ch’esso contiene; l’appartamento delle donne è cosa di troppa importanza, per esporre giorni preziosi come i miei. —
«Invano la principessa raddoppiò le sue preghiere; cinquanta altri zecchini ch’essa gli donò non produssero miglior effetto: fu d’uopo aprir il forziere.
«— La tua curiosità è ora soddisfatta; vattene, prendi questo baule, e parti. — Non sono ancora abbastanza informato,» rispose Ubulok, sedendo senza cerimonie; «comincio a dubitare, e più vedo questo morto, più voglio sapere circostanziatamente a che cosa m’espongo; alla fin fine, se devo portarlo via, io non posso ignorare di chi sia questo cadavere, in