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lacerandomi i fianchi e le spalle nel modo il più barbaro, e mi mise in uno stato da far pietà ai cuori più crudeli; ma la principessa, insensibile alle mie grida, gli ordinò di mettermi alla porta, e soggiunse che non dovessi più comparirle davanti. Essendo steso al suolo, bagnato nel mio sangue, e trovandomi nell’impossibilità di movermi, due schiavi, presomi tra le braccia, mi portarono nella strada, dove mi lasciarono in terra quasi svenuto.
«Ripresi a poco a poco i sensi, mi alzai con molta pena e mi trascinai a casa. Feci venire un chirurgo, che mi medicò e guarì le piaghe, ma non potè far isparire le vestigia dei colpi che scorgeste sul mio corpo.
«Quando fui perfettamente ristabilito ed ebbi presi alcuni bagni, mi recai al magazzino, e vendute tutte le mie mercanzie, comprai quattrocento eletti schiavi, sì che i maggiori principi non ne posseggono di più belli. Duecento dovevano accompagnarmi un giorno, e gli altri il domani. Distribuii loro i diversi impieghi della corte, con competenti pensioni.
«Feci poscia costruire la gondola in cui mi vedeste, che mi costò mille e duecento pezze d’oro, ed immaginai d’andar a passeggiare tutte le sere sul Tigri, spacciandomi pel califfo. Sperava che questo strattagemma, giungendo in breve a cognizione del grande Aaron Alraschild, ecciterebbe la sua curiosità, procurandomi così l’occasione di raccontargli la mia funesta avventura. È un anno che aspetto questa felice occasione, ed in tutto questo tempo non seppi mai notizia alcuna di colei che m’è impossibile dimenticare, e senza la quale non posso più vivere. —
«Il giovane, terminando quelle parole, sparse un torrente di lagrime, e recitò versi che dipingevano la violenza del suo amore.»