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parole, il giorno sorse ad interromperla. Il sultano e Diuarzade ne dimostrarono il loro malcontento, perchè quel raccosto piaceva loro, ed aspettarono con impazienza la notte seguente. Al domani, la sultani delle Indie ripreso la novella, facendo sempre parlare il figlio del gioielliere.
NOTTE DXXIX
— «Io viveva così da un mese rinchiuso colla bella Dunia, unicamente occupato della felicità di possederla, dimenticando presso di lei il mio magazzino, gli schiavi, le conoscenze e gli affari. — Mio caro Ali,» disse un giorno la principessa, «bisogna, di necessità, ch’io oggi esca per andar al bagno; ma esigo da voi la promessa di restare su questa sofà, od almeno di non uscire da codesta sala prima del mio ritorno.» Siccome era una felicità per me il soddisfare alle sue brame, le giurai di obbedirla. Dietro tale promessa, ella partì accompagnata da tutte le schiave.
«Era forse appena in fondo alla contrada, quando la porta della sala si aprì, una vecchia entrò, e disse inchinandosi: — Signor Alì, la sultana Zobeide, mia padrona, desidera parlarvi un momento; ha sentito lodare i vostri meriti, soprattutto il vostro talento per la musica, ed arde dal desiderio di sentirvi cantare. — M’è impossibile uscire prima del ritorno della mia cara Dunia,» risposi — Pensatevi, signore,» riprese la vecchia, «e non vogliate, ri-