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NOTTE DXXVII

— Il giovane vestito da califfo, mentre si cantavano quei versi, parve assai più agitato delle prime volte, e mandò un grido sì lamentevole, che il califfo e Giafar ne furono impietositi. Si calmò nondimeno poco dopo, o cominciossi a versar da bere. Una quarta schiava, essendo comparsa al segnale del giovane, fece intendere i seguenti versi:

«-«Quando avrà fine questa lontananza e quest’odio ingiusto? Quando potrò ritrovare, quella felicità di cui ho sì poco fruito?

««Noi siamo vissuti insieme nel più dolce nodo, facendo invidiare altrui la nostra felicità.

««La crudel fortuna ci ha divisi, ma il mio cuore è sempre vicino a voi.

««Anche quando fossero annientati i nodi che ci legano scambievolmente, io non cesserò mai di amarvi.» -»

«Il giovane non potè resistere all’impressione di quei versi, che gli rammentavano un amor infelice; dopo aver mandato un grido, e lacerati gli abiti come prima, svenne e cadde rovescio. Accorsi i suoi schiavi per soccorrerlo, ed avendo dimenticato di calare le cortine, Aaron Alraschild si avvide che il di lui corpo era tutto coperto di segni di vergate. — Visir,» disse sottovoce a Giafar, dopo aver considerato alquanto tempo quello spettacolo, «che vuol dir ciò? Questo giovane, sì amabile ed interessante in apparenza, sarebbe forse qualche infame brigante, e