Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/689


279


liffo, egli battè sulla tavola la seconda volta; la porta si aperse, e videsi entrare uno schiavo negro che portava una sedia d’oro massiccio, accompagnato da un’altra giovane schiava più bella della prima. Si assise questa sulla sedia che le fu presentata, accordò il liuto che teneva in mano, e si mise a cantare queste parole:

«-«Come sopportare lo stato in cui sono? Il fuoco dell’amore mi consuma, e le mie lagrime formano un perpetuo diluvio.

««La vita non ha più diletti per me; qual piacere può gustare un cuore avvelenato dalla tristezza?»-»

«Quei versi fecero sul falso califfo il medesimo effetto dei primi: mandò un grido, lacerossi l’abito, il cortinaggio sospeso sul trono s’abbassò; si vestì di un altro abito più ricco, si ripose al suo posto, e pregò i convitati a bere di nuovo. Quando gli si presentò la coppa a sua volta, battè per la terza volta sulla tavola. La porta si aprì come al solito; una giovane schiava, la cui beltà superava quella delle precedenti, avanzossi con un liuto in mano, preceduta da uno schiavo negro, sedè in mezzo alla sala, e cantò questi versi:

«-«Cessato dai vostri vani rimproveri, e trattatemi con maggior giustizia; il mio cuore non può rinunciare ad amarvi.

««Abbiate pietà d’un infelice languente di noia, da voi ridotto alla schiavitù.

««Io soccombo alla violenza del male che mi consuma; voi sola potete strapparmi alla morte.

««O beltà, la cui immagine sola occupa il mio cuore, come scordarvi per affezionarmi ad un’altra!»-»