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«Il gran visir, fatto un profondo inchino in segno d’obbedienza, fece collocare i tre mercanti a’ suoi fianchi, ed il corteggio continuò ad avanzarsi verso un superbo palagio, la cui sommità si perdeva tra le nubi, e la cui architettura ed eleganza lo avrebbero fatto prendere per la dimora d’uno dei più possenti monarchi della terra. La porta principale era d’ebano, coperta da lamine d’oro; al disopra di essa si leggevano questi versi scolpiti in oro:

««Salute e benedizione a questo palazzo; egli è il soggiorno della gioia e dei piaceri.

««Tutte le maraviglie dell’arte e della natura vi si trovano riunite; invano si cercherebbe di descriverle.»»

«Questa porta metteva ad un vestibolo sostenuto da colonne di marmo, nel cui mezzo eravi una vasca pure di marmo, da cui sollevavansi molli zampilli d’acqua; di là andavasi a vari appartamenti adorni di tappeti e cortine di squisitissimo lavoro, e si giungeva in seguito ad un’ampia sala ov’erano disposte in bell’ordine molte sedie d’oro massiccio, coperte di cuscini di broccato d’oro e di seta.»

NOTTE DXXVI

— Entrato il corteggio in quella sala, il falso califfo si collocò sotto un baldacchino di seta verde, ricamato di perle e diamanti, in mezzo al quale ergevasi un trono d’avorio intarsiato d’oro, il cui splendore e la magnificenza potevano gareggiare con quelli dei Kosroe e dei Cesari. Il baldacchino era circondato