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alquanto dalla riva. Aveva appena dato alcuni colpi di remo, che videro avanzarsi in mezzo al Tigri una gondola decorata magnificamente ed illuminata da gran numero di torce e candele.

«— Non ve l’aveva detto!» sclamò il vecchio tutto tremante. Lasciato tosto il remo, fece passare i falsi mercadanti sotto le tavole che coprivano una parte del suo battello, e vi stese intorno una tela nera, attraverso la quale potevano godere della vista dello spettacolo che offrivasi a’ loro sguardi.

«Sul davanti della gondola eravi uno schiavo che bruciava legno d’aloè in un piattello d’oro; vestiva una tunica di raso rosso, attaccata da un fermaglio d’oro sor una delle spalle; aveva in testa un turbante di mussolina finissima, e portava in bandoliera una piccola borsa di seta verde, ricamata d’oro, contenente l’aloè che ardeva. Un altro schiavo, egualmente vestito, ed incaricato della medesima occupazione, stava all’estremità della gondola.

«A dritta ed a sinistra erano duecento schiavi in abiti magnifici, ed in mezzo ad essi ergevasi un trono su cui sedeva un giovane, la cui grazia e leggiadria oscuravano lo splendore ond’era circondato: vestiva un abito nero adorno d’oro e diamanti. Al di sotto di lui stava un uomo somigliantissimo al gran visir Giafar; di dietro, uno schiavo in piedi colla spada sguainata, rappresentava a perfezione la parte di Mesrur, capo degli eunuchi. Intorno al giovane stavano schierati i cortigiani ed i favoriti, in numero di venti.

«Il califfo, estremamente sorpreso da tale spettacolo, disse al visir: — Che pensi tu di quest’avventura? — Sovrano Commendatore de’ credenti,» rispose Giafar, «non posso rinvenire dallo stupore, e non capisco nulla in quest’incontro. — Senza dubbio,» ripigliò il califfo, «è uno de’ miei figli, Almamun od Amin, che vuol divertirsi.» Siccome la barca