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uomo quale il padre chiedeva, volle scusarsene, ma il sultano persiste nella sua domanda, ripetendogli che la fata poteva cose ancor più incredibili.

«Il giorno seguente, tornato il giovane al regno sotterraneo di Pari-Banù, partecipolle la nuova esigenza del sultano, ch’ei risguardava, a suo credere, ancor meno possibile delle due precedenti.

«— Per me,» soggiunse, «non so immaginare che in tutto l’universo vi sia od esister possa tal fatta d’uomini. Ei vuole, senza dubbio, sperimentare, s’io abbia la dabbenaggine di affaticarmi per trovarglielo; o, se pur ve n’abbiano, bisogna che suo occulto pensiero sia di perdermi. In fatti, perchè pretendere ch’io m’impadronisca d’un uomo sì piccolo, armato alla guisa ch’egli intende? Di quali armi potrò io valermi per ridurlo a’ miei voleri? Se ve ne sono, attendo vogliate suggerirmi un mezzo per trarmi da tal impaccio con onore.»

Scheherazade, scorgendo i primi raggi del dì che già penetravano nell’appartamento del sultano, fu costretta ad interrompersi; e, la notte seguente, ripigliò il racconto di tal guisa:


NOTTE CDXIV


— «Principe,» rispose la fata, «non v’affannate; eravi qualche rischio a portare al sultano vostro padre l’acqua della Fontana de’ Lioni: ma non avvene alcuno per trovar l’uomo ch’egli esige. Costui è mio fratello Schaibar, il quale, ben lungi dal somigliarmi, benchè siamo figliuoli d’uno stesso ge-