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dando chi avesse potuto introdurmi in quel luogo inaccessibile ad ogni mortale; calmati i primi trasporti, raccontai coi più minuti dettagli tutto ciò che m’era accaduto dopo la nostra separazione, e la pregai di soddisfare a sua volta alla mia curiosità, indicandomi, se fosse possibile, i mezzi di sua liberazione.

«— L’estrema passione che questo maledetto genio ha concepita per me,» rispose la mia sposa, «lo ha spronato a nulla celarmi di ciò che può nuocergli od essergli utile: egli mi ha svelati tutti i suoi segreti, e seppi dalla medesima sua bocca, esservi qui vicino un talismano che sottomette al proprio potere tutto quello che la città contiene nelle mura. Per mezzo di questo talismano, nulla resiste a’ di lui ordini; esso è chiuso in una colonna... — Dove è questa colonna?» sclamai io vivamente, interrompendola. — Eccola,» diss’ella, accennandola; «là è concentrata la forza del nostro nemico. —

«Lieto di conoscere un segreto che poteva riescir utile, m’informai esattamente in che cosa consistesse il talismano. — È un’aquila,» mi rispose la consorte, «su cui sono incisi caratteri ignoti. Se arrivate a rendervene padrone, accostatevi subito ad una fiamma accesa, gettatevi qualche pizzico di musco, indi presentate l’aquila al fumo che se ne innalzerà; tutti i geni v’appariranno allora, pronti ad obbedire ai vostri cenni. —

«Mi avanzai subito verso la colonna senza tema di essere veduto, a cagione della spada incantata che mi rendeva invisibile, ed impadronitomi dell’aquila, volli provarne tosto la virtù. I geni essendosi presentati a me davanti, ordinai loro di tornare pel momento ai propri posti, e tenersi pronti ad obbedirmi tutte le volte che avrei bisogno del loro ministero. Tornato dalla mia sposa, le domandai se