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perstizioni, e che Dio, per punirli, li aveva trasformati in pietra. Ciò che mi sorprese di più fu la beltà degli alberi fruttiferi che crescevano nei dintorni in sì straordinaria quantità, che non mi ricordo averne mai veduti di simili.

«Passai colà un mese circa a divertirmi. Un giorno che passeggiava sulle rive del fiume che bagna le mura della città, scorsi un cavaliere venire a briglia sciolta verso di me. — Siete voi Abu Mohammed Alkeslan?» mi chiese quando fu vicino. Avendogli risposto di sì, mi disse di non ispaventarmi, che era mio amico, e che voleva attestarmi la sua riconoscenza per un servigio resogli da me.»

NOTTE DXXIV

—«Chi siete voi dunque?» gli domandai con sorpresa. — Io sono il fratello del serpente bianco, e vengo a farvi sapere che non siete lontano dal luogo dov’è chiusa la vostra sposa.» Nello stesso tempo, copertomi col suo mantello, mi fece montare dietro di lui, e partiti come un fulmine, c’internammo in una vasta foresta.

«Dopo aver galoppato molto tempo, si fermò d’improvviso, e mi fece discendere da cavallo. — Vedete voi quelle due montagne?» mi disse; «costeggiatele sinchè scorgerete la città di Bronzo; ma guardatevi bene dall’entrarvi prima ch’io vi venga a trovare, e che vi dia un mezzo di penetrarvi senza pericolo.» Sì dicendo, scomparve, lasciandomi in una spaventevole solitudine.