Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
265 |
«Di repente uno spirito celeste, coperto d’un mantello azzurro, ed i cui biondi capelli cadevangli inanellati sugli omeri, mi si presentò davanti; il suo viso era sfolgorante di luce, e teneva in mano una lancia da cui uscivano scintille di fuoco. — Abu Mohammed,» mi disse, «pronuncia tosto la formola: Non avvi altro Dio che il sovrano autore di tulle le cose; altrimenti ti percuoto con questa lancia.» Spaventato dalla sua minaccia, scordai tutte le mie risoluzioni, e proferii le parole che dovevano cagionare la mia rovina. Subito l’angelo di luce colpì colla lancia il genio ribelle, e lo ridusse in cenere. Io discesi rapidamente verso la terra, e caddi nell’onde.
«Stordito della caduta, restai alcun tempo sott’acqua; avendo in seguito ripresi i sensi, mi misi a nuotare con tutte le forze, ma sarei infallibilmente perito, se non fossi stato veduto da alcuni marinai che si trovavano per caso poco lungi dal luogo in cui era caduto, i quali, accorsi tosto in mio aiuto, riuscirono a salvarmi.
«Questi uomini parlavano una lingua a me sconosciuta; mi volsero molte volte la parola, ma io feci lor comprendere che non li intendeva. Verso sera gettarono le reti, e presero gran quantità di pesce, cui fecero arrostire, e ch’io mangiai con appetito. La mattina seguente diressero la prora a terra, ove sbarcammo; condottomi in una città popolatissima, mi presentarono al loro re, il quale mi accolse nel modo più distinto e lusinghiero. Essendomi informato del nome della città in cui mi trovava, seppi che, si chiamava Henad, e ch’era uno dei più ragguardevoli porti marittimi della China.
«Il re raccomandò espressamente ad uno de’ suoi visiri di prendersi cura di me, e farmi vedere tutte le curiosità del paese. Mi si raccontò che negli antichi tempi gli abitanti di quella città erano pieni di su-