Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
259 |
spedii a casa uno schiavo, che ne tornò poco dopo carico di molte borse simili a quella che aveva già data allo sceriffo.
«Alla vista dell’oro che gli feci brillare sotto gli occhi, lo sceriffo parve soddisfatto; alzossi, ed ordinò ad un suo schiavo di chiudere il magazzino; avendo quindi riuniti i parenti e gli amici, fece stendere il contratto nuziale, e mi promise che le nozze si celebrerebbero in casa sua fra dieci giorni, e che, scorso tal tempo, mi renderebbe il felice possessore di sua figlia.»
NOTTE DXXII
— «Trasportato di gioia, tornai a casa, ed essendomi chiuso colla scimia, le partecipai il successo del mio matrimonio. Si congratulò meco della felicità cui stava per godere, lodandomi altamente pel modo con cui m’era condotto.
«La vigilia del giorno fissato dallo sceriffo, la mia scimia, avendomi trovato solo, mi favellò così con un’aria d’inquietudine e d’imbarazzo che a stento poteva dissimulare: — Domani,» disse, «tutti i vostri voti saranno esauditi; posso io sperare che, cominciando a godere della felicità ch’io v’ho preparata, vorrete farmi un servigio? Se voi me lo accordate, potrete esigere da me tutto ciò che vorrete.
«— Di che si tratta?» risposi sorpreso; «io nulla ho da rifiutarvi.
«— Nell’appartamento ove dovete passare la notte colla vostra sposa,» continuò ella, abbassando la