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a due schiavi di andar a cercare la somma che mi era destinata. Obbedirono sobito, rientrando poco dopo carichi di due pesanti cassette.
«— Ecco, figliuol mio,» mi disse Mozaffer, presentandomene le chiavi, «in qual modo Dio ha fatto fruttare le cinque monete d’argento che mi consegnaste; la somma contenuta in queste due cassette vi appartiene; tornate a casa, codesti due schiavi hanno ordine di seguirvi. —
«Lieto oltremisura, attestai la più viva riconoscenza al generoso Abul Mozaffer, e tornai da mia madre, cui la vista delle due cassette cagionò la più grata sorpresa.
«— Vedete, figliuol mio,» mi diss’ella,» che la Provvidenza non vi ha abbandonato; sappiate meritarvi dunque i suoi benefizi, cercando di far ogni sforzo per vincere quell’indolenza e pigrizia nella quale siete finora vissuto.» Le promisi di seguire il suo consiglio, ed il cambiamento felice operatosi nella mia situazione, mi fece facilmente mantener la parola.
«La scimia, intanto, mi si affezionava sempre più, veniva a sedere sul sofà dov’io era assiso, e quando pranzava, mangiava e beveva con me: ma ciò, ch’io trovava incomprensibile nella sua condotta, è che spariva all’alba, non tornando mai prima di mezzogiorno; entrava allora nella mia camera, portando nelle zampe una borsa di mille pezze d’oro, che deponeva ai miei piedi, e mi sedeva quindi accanto. Continuò così per tanto tempo, che divenni immensamente ricco; acquistai terre e case di campagna, feci costruire palagi con giardini, e mi circondai di gran numero di schiavi d’ambo i sessi.
«Un giorno che la scimia mi stava seduta a fianco come al solito, la vidi guardare a destra ed a sinistra, come per assicurarsi ch’eravamo soli. — Che vuol dir ciò?» pensai tra me. Ma giudicate della mia