Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/663


253


«Quando i negozianti ebbero finite le loro operazioni commerciali, sciolsero le vele, dirigendo la prora verso un’altr’isola; appena calata l’ancora, si videro circondati da barche di tuffatori, i quali venivano ad offrire i propri servigi. Quegli uomini essendosi gettati in mare per pochi denari, la scimia, scorgendoli, si agitò talmente, che pervenne a staccarsi, e slanciossi nell’onde a loro esempio.

«— Buon Dio!» sclamò Mozaffer, mirando sparire la scimia; «che cosa dirà quel misero Abu Mohammed Alkeslan, non potendo neppur vedere l’animale ch’io aveva comprato per lui? —

«I tuffatori ricomparvero in breve alla superficie, e la scimia tornò anch’ella insieme ad essi, tenendo fra le zampe varie madreperle, che andò a deporre appiè di Abul Mozaffer. Questi, sorpreso di simile azione, non potè trattenersi dal credere quella scimia non fosse un ente soprannaturale, e celasse qualche mistero.

«I mercanti, rimessisi in mare, furono colpiti da una fiera tempesta, che li fece deviare dalla loro rotta, e li gettò sulla costa di un’isola, chiamata l’isola degli Zingi (1), i cui abitanti erano negri ed antropofagi. Quando quei selvaggi scopersero il vascello, vennero ad assalirlo da ogni parte colle loro barche, ed impadronitisene, legarono i mercanti, e li condussero davanti al re. Questo principe feroce ordinò di far arrostire un certo numero di quegl’infelici, e si cibò delle loro carni insieme ai principali suoi sudditi. I mercanti superstiti, testimoni della disgrazia dei compagni, vennero chiusi in una capanna, ove aspettavano, piangendo, la medesima sorte.

«Verso mezzanotte, la scimia ch’era stata messa

  1. Forse l’isola di Zanzibar, presso la costa dello Zanguebar o della Caffreria.