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rere le province più lontane dell’impero, il califfo non si maravigliò della sua assenza. Ripreso il solito servigio, s’occupò attivamente nelle ricerche che potevano fargli scoprire l’autore del furto, e metterlo in istato di provare l’innocenza del suo prediletto. Ma torniamo al califfo.

«Questo principe, trovandosi solo con Giafar, il giorno in cui Alaeddin doveva essere giustiziato, si volse così al ministro: — Che dici, visir, dell’azione di Alaeddin? È possibile concepire tanta bassezza e perfidia?

«— Sire,» rispose Giafar, «voi l’avete punito come meritava, e vostra maestà non deve più occuparsi di quello sciagurato.

«— Non importa,» soggiunse Aaron, «desidero di vederlo pendere dalla forca. — «Egli recossi dunque col visir alla pubblica piazza, ed alzati gli occhi sull’appiccato, credè accorgersi che non era Alaeddin. — Visir,» sclamò, «che vuol dir ciò? Quello non è certamente Alaeddin. — Perchè mai, sire?» domandò Giafar.

«— Alaeddin era piccolo,» riprese il califfo, «e quello che vedo è grande. — Sire,» rispose Giafar, «il corpo degli appesi s’allunga sempre un poco.

«— Ma,» prosegui il califfo, «Alaeddin aveva la pelle bianchissima, e la faccia di quest’uomo è tutta nera. — Sovrano Commendatore dei credenti,» ripigliò Giafar, «voi non ignorate che la morte sfigura gli uomini, e dà ai cadaveri una tinta livida e nerastra.—

«Malgrado tutti i ragionamenti del visir, il califfo volle che si staccasse il cadavere dalla forca; fu visitato, e si trovò scritto sul suo petto il nome dei due scheik1.

  1. Hassan ed Hussein, i due figli maggiori di Alì.