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vere soporifera, s’impadronì del manto regale, del rosario, del fazzoletto, del suggello dello stato e del candelliere d’oro, uscì felicemente com’era entrato, e volse tosto i passi verso il palazzo di Alaeddin Abutschamat.
«Alaeddin era quella notte coricato colla sua cara Gelsomina. Ahmed Comacom, essendosi furtivamente introdotto nel suo appartamento, levò un pezzo di marmo del pavimento, e fatto un buco, vi depose gli effetti rubati al califfo, dopo averli involti in un fazzoletto, serbando soltanto per sè il candelliere d’oro tempestato di diamanti. Rimesso al suo posto il pezzo di marmo come avealo prima trovato, riuscì a fuggire senza che alcuno lo scoprisse.
«Comacom si recò allora alla casa del wali. Strada facendo, guardava il candelliere, e diceva fra sè: — Quando vorrò divertirmi a bere, mi porrò questo prezioso oggetto davanti, e vedrò il liquore del bicchiere brillar di tutto lo splendore dell’oro e dei diamanti di cui è tempestato. —
«All’indomani mattina, il califfo trovò le sue guardie addormentate per l’effetto della polvere fatta lor aspirare da Comacom. Li svegliò, e volle prendere gli oggetti deposti sul sofà; ma, sorpreso di non trovarli, montò tosto in una terribil furia. Si vestì, di rosso, per mostrare a tutti la sua indignazione, e recatosi al divano, sedè sul trono, circondato da tutta la pompa della sua potenza.
«Il gran visir Giafar, entrato in quel punto, ed accortosi dello sdegno del califfo, si prosternò rispettosamente, e disse: — Che Iddio preservi vostra maestà da ogni male, ed allontani da lei tutto ciò che può dispiacerle ed eccitarne il corruccio! — Visir,» sclamò il califfo, «il male è grande! — Che cosa, è adunque accaduto, sire?» chiese Giafar.
«Mentre il califfo stava per raccontare al visir l’av-