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«Cout Alcouloub rimase molto tempo in casa di Alaeddin, il quale le faceva esattamente pagare ogni mattina le cento pezze d’oro. Un giorno che, dedito intieramente al dolore ed al rammarico che gli cagionava la perdita di Zobeide, non si era recatosi al divano, il califfo disse a Giafar:

«— Visir, non ho io fatto un regalo ad Alaeddin di Cout Alcouloub, per confortarlo della perdita della sua sposa? Perchè dunque non viene a trovarci secondo il solito?

«— Sire,» rispose il visir, «si ha ben ragione di dire che un amante dimentica in breve i suoi vecchi amici vicino alla sua diletta. —

«Giafar non tardò a disingannarsi; chè, essendosi recato la domane a far visita ad Alaeddin, questi gli partecipò i suoi affanni, e gli disse: — Che cosa ho mai fatto al califfo per indurlo a regalarmi Cout Alcouloub? Sarei stato bene anche senza questo dono. —

«Il visir, avendo risposto ad Alaeddin essere la somma affezione del califfo per lui, che lo aveva indotto a cedergli quella schiava, gli domandò in confidenza se andasse qualche volta a trovarla. — In verità,» rispose il giovane, «io non l’ho ancora veduta, e vi prometto che non la vedrò giammai.» Il visir, avendolo pregato di spiegargli la ragione di tale condotta, n’ebbe in risposta: — Ciò che conviene al padrone, non conviene allo schiavo. —

«Giafar non mancò di partecipare quanto aveva udito al califfo, il quale volle tosto recarsi col visir da Alaeddin. Questi, al vederli, andò incontro al principe, si gettò a’ suoi piedi e gli baciò le mani. Il monarca, avendo osservato sul di lui viso l’impronta del più profondo dolore, gli disse, facendolo rialzare:

«— Dovrò dunque vedervi sempre tristo, mio caro Alaeddin? Cout Alcouloub non ha fatto nulla per consolarvi? — Sovrano Commendatore dei credenti,»