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Alaeddin gli si gettò ai piedi, e gli dimostrò la sua viva riconoscenza. — Dio prolunghi i giorni di vostra maestà,» gridò, «e spanda su lei in eterno i suoi benefizi, per la generosità ch’ebbe pel suo schiavo! — «Il califfo costrinse Alaeddin a rialzarsi, e lo pregò di fargli udire un’altra volta la voce di Zobeide per ricompensarlo di ciò che aveva fatto per essi. La giovine si affrettò a rispondere ad un invito tanto lusinghiero, prese il liuto, e cantò con grazia sì incantevole, che Aaron non poteva stancarsi dall’udirla. Passò parte della notte in quel divertimento, ed invitò Alaeddin, ritirandosi, a recarsi all’indomani al divano.
«Il giovine vi andò adunque all’indomani, accompagnato da dieci schiavi che portavano ciascuno sul capo un bacile pieno dei più preziosi oggetti. Entrando, prosternossi col viso contro terra, e quindi rialzatosi, volse un complimento lusinghiero al califfo, seduto sul trono, e circondato dalla sua corte; poscia lo supplicò di accettare i doni che gli offriva.
«Il monarca gli fece la più graziosa accoglienza, e ricevette con piacere i presenti; gli fe’ indossare un abito d’onore, e lo nominò sull’atto sindaco dei mercanti di Bagdad, facendolo sedere nel divano in tale qualità.
«In quel momento, lo suocero di Alaeddin, rivestito dapprima di quella carica, essendo entrato nella sala, scorto il genero seduto al suo posto e vestito di un abito magnifico, si prese la libertà di domandare al califfo che cosa ciò significasse.
«— Ho nominato Alaeddin,» rispose il principe, «sindaco dei mercanti: le cariche e le dignità non appartengono esclusivamente e per sempre a quelli che ne sono rivestiti, ed io giudicai a proposito di destituirti.