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che Iddio non mi abbandonò in questo critico istante. —
«Avendo finito di parlare, il califfo finse d’aver bisogno di uscire un momento; il visir Giafar, chinandosi allora verso Alaeddin, lo avvertì di non dir nulla che potesse offendere i suoi ospiti, e soprattutto colui ch’era uscito. Il giovane gli domandò la cagione di quell’avvertimento. — Mi sembra,» soggiunse, «di avervi dimostrato a tutti riguardi e cortesie quanto avrei potuto dimostrarne allo stesso califfo.
«— L’uomo uscito testè,» ripigliò Giafar, «è appunto il califfo in persona; io sono il visir Giafar, e dei personaggi che mi vedete ai fianchi, l’uno è lo scheik Mohammed Abu-Naouas, l’altro è Mansur, esecutore dei decreti di sua maestà. —
«Il giovane parve sorpreso da quell’avventura, e non sapeva che cosa pensare.
«— Signor Alaeddin,» prosegui il visir, «fatemi il piacere di riflettere un momento, e dirmi quanti giorni di viaggio vi sono fra il Cairo e Bagdad.» Alaeddin rispose esservene quarantacinque. — Come mai allora,» riprese Giafar, «le vostre merci hanno potuto fare questo tragitto in dieci giorni? Com’è possibile che vostro padre sia stato informato del vostro disastro, abbia fatto imballare le stoffe da voi ricevute, e vi siano giunte nello spazio di dieci giorni, se ne abbisognano quarantacinque per portarle soltanto dal Cairo fin qui?
«— Avete ragione, signore,» sclamò Alaeddin; «il mio errore fu grossolano; io non so ora che cosa pensare di tutto ciò, e non posso capirci nulla.
«— Ogni cosa,» ripigliò il visir, «fu opra del sovrano Commendatore dei credenti; fu egli stesso che vi fece questi doni, per la grande affezione per voi concepita. —
«Il califfo essendo rientrato in quel frattempo,