Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
188 |
«Il cugino della giovane dama, stupefatto e confuso da quell’avvenimento, e vedendo fallite le sue speranze, domandò con umore allo zio, se non fosse più disposto a costringere lo straniero a rendergli la consorte. — Ciò ora è impossibile,» rispose il vecchio, «giacchè la legge è tutta in favore di Alaeddin, il quale, come vedete, ha adempito a’ suoi obblighi.»
NOTTE DV
— Il cugino, abbattuto da quella risposta, tornò a casa colla disperazione in cuore, infermò gravemente, e morì di dispiacere poco dopo.
«Collocati al sicuro i colli, Alaeddin andò a fare le provvigioni necessarie per un pasto simile a quelli delle sere precedenti. Essendo di ritorno, disse a Zoheide: — Io non m’era ingannato nelle mie congetture; quei dervis sono tanti impostori che mi fecero fallaci promesse: vedete come hanno mantenuta la loro parola!
«— Cessate d’avere una sì cattiva opinione di essi,» gli rispose la moglie; voi siete il figlio del sindaco dei mercanti del Cairo, eppure ieri ancora non possedevate un centesimo; in qual imbarazzo non dovevano essere adunque questi dervis, poveri qual sono, onde procurarsi cinquantamila pezze d’oro?
«— Grazio al cielo or non abbiamo più bisogno di essi, «riprese Alaeddin;» vengano adesso: voglio chiuder loro la porta, in faccia.
«— E perchè?» soggiunse Zobeide; «sono persuasa invece, essere stata la loro presenza che ci recò