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«— Vostro padre, «soggiunse, «mi ha fatto firmare un’obbligazione di cinquantamila pezze d’oro per vostra dote: se non la pago, mi farà imprigionare, ed io non posseggo la menoma parte di questa somma.
«Voi avete però mezzi di difesa,» ripigliò Zobeide. — È vero,» rispose Alaeddin; «ma come fare senza denaro?
«— È meno difficile di quello ebe vi pensiate,» riprese Zobeido;» rassicuratevi, e mostrate fermezza. Prendete frattanto queste cento pezze d’oro: se ne avessi altre, ve le offrirei di buon cuore; ma mio padre, che ama suo nipote, mi ha tolto tutto quello che possedeva per costringermi a tornare presso di lui. L’usciere del tribunale verrà senza dubbio qui stamane da parte loro; se mio padre ed il cadì volessero obbligarvi a pronunciare il divorzio, domandate arditamente qual è la religione che può costringere chi si marita la sera a ripudiare la moglie all’indomani. Nel medesimo tempo fate un piccolo regalo a tutti i giudici; avvicinatevi rispettosamente al cadì, ponetegli in mano dieci pezze d’oro, e siate certo che tutti s’interesseranno per voi. Se vi domandano perchè non volete accettare le mille pezze d’oro, la mula e l’abito stipulati nel contratto di ieri, rispondete che ogni capello della testa di vostra moglie v’è più prezioso di quei doni; che avete presa la ferma risoluzione di non separarvi mai da lei, e che non volete accettare nè mula, nè abito; se mio padre poi esigesse il pagamento della dote, ditegli che vi trovate troppo ristretto in questo momento per soddisfarlo.
— «Mentre discorrevano così, udirono bussar forte alla porta della via. Alaeddin, essendo disceso ad aprire, vide l’usciere del tribunale, il quale veniva ad invitarlo, da parte dello suocero, a recarsi all’udienza.