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NOTTE CDXI


— Il sultano delle Indie non persuase col suo discorso il principe Ahmed, il quale avrebbe preferito ch’ei gli avesse domandato qualunque altra cosa piuttosto che esporlo a dispiacere alla sua cara Pari-Banù, e pel cordoglio che n’ebbe, partì dalla corte due giorni prima del solito. Appena arrivato, la fata, che sin allora lo aveva sempre veduto presentarsele davanti con viso sereno, gli chiese la cagione del mutamento che vi leggeva, e visto che, invece di risponderle, le chiedeva nuove della sua salute, in aria che faceva conoscere com’evitasse di soddisfarla: — Risponderò,» diss’ella, «alla vostra domanda quando avrete risposto alla mia. —

«Il principe se ne schermì a lungo, protestando che non era nulla; ma più si difendeva, e più la fata lo sollecitava. — Non posso,» diss’ella, «vedervi nello stato in cui siete, se non mi dichiarate prima ciò che vi frastorna, per dissiparne la cagione, qualunque esser possa: bisognerebbe che sia molto straordinaria se fosse fuor del mio potere, a meno che non si tratti della morte del sultano vostro padre; in tal caso, oltrechè m’ingegnerei da parte mia di contribuirvi, il tempo v’apporterebbe consolazione. —

«Non seppe Ahmed resistere più a lungo alle istanze della fata, e le disse: — Signora, prolunghi Iddio la vita del sultano mio padre, e lo benedica sino alla fine de’ suoi giorni! Io l’ho lasciato pieno di vita