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Mahmoud, oltre la casa che possedeva al Cairo, ne teneva una a Damasco, una terza ad Aleppo ed una quarta a Bagdad.

«Essendo la carovana accampata sotto le mura di Damasco, Mahmoud mandò uno dei suoi schiavi ad Alaeddin per invitarlo a pranzo. Lo schiavo trovò il giovane che leggeva seduto nella sua tenda; inoltratosi, e salutatolo rispettosamente, gli disse che il suo padrone lo pregava di fargli l’onore di recarsi da lui. Alaeddin non volle accettare l’invito senza aver prima consultato l’akam Kemaleddin, il quale gli faceva vece di padre. Questi lo consigliò di non accettare e non interrompere il viaggio. Il docile Aiaeddin partì tosto, e giunse in breve ad Aleppo con tutto il seguito.

«Mahmoud Albalkhy avendo raggiunta la carovana, fece preparare ad Aleppo un gran banchetto, e mandò ad invitarvi Alaeddin. Il giovane consultò ancora la sua guida, ma Kemaleddin, da uomo prudente, non volle fermarsi. Partiti da Aleppo, si diressero alla volta di Bagdad, viaggiando a grandi giornate. A poca distanza da questa città, Mahmoud mandò ancora uno schiavo ad Alaeddin per invitarlo a pranzo. Il giovane ne domandò il permesso alla guida, la quale glielo ricusò positivamente.

«Alaeddin, malcontento di quel rifiuto, volle accettare un invito tante volte reiterato; cinse la scimitarra, e si recò alla tenda di Mahmoud. Il vecchio mercante lo accolse coi più cortesi ed amichevoli modi, e gli fece imbandire i più delicati cibi.

«Finito il pasto, e lavatesi le mani, Mahmoud si chinò verso Alaeddin e volle abbracciarlo. Il giovane lo respinse, chiedendogli con sorpresa la spiegazione di una simile condotta. Questi balbettò alcune parole, e volle abbracciarlo un’altra volta. Alaeddin, sdegnato, sguainò la scimitarra, e volse al vecchio