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pur un miglio dalla propria casa; ma il giovane persistette nella presa risoluzione, dicendo persino che, se non lo lasciavano partire, si farebbe dervis, andando ad accattare di contrada in contrada.

«— Io non mi opporrò oltre al vostro desiderio,» riprese Schemseddin; «non sono povero, e perciò posso darvi i mezzi di viaggiare nella maniera più comoda e vantaggiosa, possedendo io ragguardevoli ricchezze.» Allora condusse il figlio in tutti i suoi magazzini, ove gli mostrò molte stoffe preziose e merci adattate ad ogni paese, rinchiuse in quaranta balle, ciascuna delle quali portava un biglietto denotante che il prezzo ascendeva a mille pezze d’oro cadauna.

«— Prendi, figliuolo,» gli disse, «queste quaranta balle e le dieci di tua madre, e parti sotto la salvaguardia e la protezione di Dio. Frattanto io non posso dissimularti i miei timori; andando a Bagdad, sarai costretto a passare per la foresta del Leone, e discendere nella valle di Benou Kelab; quei luoghi sono pericolosi, non udendosi che parlar degli assassinii, che commettono ogni giorno i Beduini, i quali infestano tutte le vie. —

«Alaeddin rispose che assoggettavasi ai divini voleri su quanto poteva accadergli. Suo padre, vedendolo assolutamente determinato, lo condusse al mercato ove si vendevano le bestie da soma.

«Essi v’incontrarono un akam, od intraprenditore pel trasporto dei bagagli, di nome Kemaleddin, il quale, appena ebbe veduto Schemseddin, discese dalla mula e venne a salutarlo. — Signore,» gli disse, «è già qualche tempo che non venite a trovarmi, e che non mi procurate l’occasione di offrirvi i miei servigi. — Ogni cosa a suo tempo,» rispose Schemseddin; «quello dei viaggi è passato per me; ma mio figlio, che qui vedete, ha intenzione di viaggiare, e sarei ben contento se voleste accompagnarlo, e servirgli di padre. —