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«— È,» riprese Schemseddin, «perchè temeva per lui gli sguardi funesti degl’invidiosi, e lo feci perciò educare in un sotterraneo, coll’intenzione di non lasciarlo uscire prima che avesse tutta la barba; ma sua madre non ha voluto tenervelo di più, e ieri mi sollecitò ad aprirgli negozio ed insegnargli il commercio. —

«Il naquib, udite quelle parole, affrettossi di riunire i mercanti, per venire dal sindaco a leggergli il capitolo d’uso. Si congratularono tutti perchè avesse quel bel giovane, e fecero voti per la prosperità: del padre e del figlio. Uno d’essi, volgendosi poi a Schemseddin, gli disse che i poveri, quando nasceva loro un figlio, solevano invitare, in segno di tripudio, i parenti e gli amici a venir a mangiare la farinata. Schemseddin comprese che cosa voleva dire colui, e rispose esser pure sua intenzione di convitarli tutti in un suo giardino.

«Fece perciò preparare, la domane mattina, una sala terrena ed un appartamento al primo piano in codesto giardino, facendovi portare il necessario per un lauto banchetto; ordinò di ammannire due mense, una nella sala bassa e l’altra nell’appartamento al primo piano, e presa la cintura, ed imposto al figliuolo di prendere anch’egli la sua, gli disse: — Mano mano che i vecchi entreranno, li riceverò e li farò sedere alla tavola del primo piano; quanto a voi, figlio mio, abbiate cura di ricevere i giovani a misura che si presenteranno, e fateli sedere alla mensa nella sala a terreno.

«— Perchè mai, padre mio,» rispose Alaeddin, «faceste preparare due tavole, una pei genitori e l’altra pei figliuoli? — Perchè i giovani,» soggiunse Schemseddin, «saranno più liberi soli, e gli uomini ben contenti di trovarsi tutti insieme.» Alaeddin, soddisfatto di quella risposta, affrettossi ad eseguire gli ordini paterni e fare gli onori della sala ai giovani.