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Dopo la colazione, lo fe’ montare sur una mula, ed avviossi con lui verso il quartiere de’ mercanti.

«Vedendo passare il loro sindaco, seguito da un bel giovane cui non conoscevano, i mercanti si misero a sparlare di lui, ed a concepire cattiva opinione de’ suoi costumi.

«— Il nostro sindaco,» dicevano, «non ha vergogna, di agire così alla sua età?» Il naquib, o capo dei mercanti, il quale godeva della maggior considerazione fra essi, soggiunse tosto: — Non dobbiamo soffrire che un uomo, il quale si mostra sì pubblicamente, abbia ad essere il nostro sindaco. —

«I negozianti solevano allora riunirsi tutte le mattine nel mercato, ove il loro naquib leggeva il primo capitolo del Corano, e recarsi poi al magazzino del sindaco, al quale auguravano il buon giorno dopo avergli fatta una seconda lettura del medesimo capitolo; indi separavansi, tornando ciascuno ai propri affari.

«Schemseddin, entrato in bottega, e non vedendo venire i mercanti come al solito, chiamò il naquib, e glie ne domandò la cagione. — Tutti i negozianti,» gli rispose colui, «sono decisi a deporvi dalla vostra carica di sindaco, ed è per tal motivo che non vengono a leggervi il capitolo d’uso.

«— Qual cagione,» riprese vivamente Schemseddin, «può spingerli a farmi simile affronto?

«— Il giovane, che v’accompagna,» rispose il naquib, «ha offesi i loro sguardi; voi siete già vecchio, ed occupate il primo posto fra i mercanti; codesto giovane non è uno schiavo, e non appartiene a vostra moglie; voi fate male a dimostrargli pubblicamente tanto amore.

«— Che di’ tu, sciagurato?» sclamò Schemseddin; «osi parlar così di mio figlio? — Ma,» soggiunse il naquib, «non abbiamo mai saputo che aveste figli.