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nome d’Alì e di Maometto; gli gridò quindi nell’orecchio con tutta la forza: «Allah acbar!1» e lo diede alla madre, la quale gli presentò il seno. Il bimbo lo prese benissimo, succhiò il latte per molto tempo, e s’addormentò.
«Dopo tre giorni, la puerpera fu in istato d’alzarsi; il mercante entrò nell’appartamento, si congratulò per la di lei convalescenza, e volle vedere il fanciullo. Quando glie lo presentarono, fu sorpreso della beltà e della sua forza; imperocchè, sebbene avesse due soli giorni, avreste detto, vedendolo, che era un fanciullo d’un anno.
«— Qual nome gli avete dato?» disse Schemseddin alla moglie. — Se fosse stata una femmina,» rispos’ella, «glielo avrei già imposto; ma poichè è un maschio, a voi tocca a darglielo. —
«Allora si soleva imporre ai bambini i nomi che udivansi pronunciare per caso. Il mercante avendo inteso in quel momento qualcuno gridare nella via: «Signor Alaeddin!» disse che voleva chiamar così il figliuolo; gli diede indi il soprannome d’Abulschamat, in causa d’un segno che il fanciullo portava su ambe le gote. Il piccolo Alaeddin non conobbe per due anni e mezzo altro nutrimento fuor del latte; camminò di buon’ora e diveniva di giorno in giorno più forte e vigoroso. Più egli andava facendosi bello, più suo padre, il quale l’amava all’eccesso, ed era uomo alquanto credulo, temeva non gli accadesse qualche disgrazia; soprattutto temeva per lui i maligni sguardi degl’invidiosi. Per sottrarlo a quella funesta influenza, risolse di farlo allevare in un sotterraneo,
- ↑ Dio è grandissimo. Il vantaggio di questi racconti essendo di far conoscere gli usi degli Orientali, si credè opportuno conservare i dettagli che qui si trovano, che invano cercherebbonsi in opere più gravi.