Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
151 |
del piacere che aveagli procurato, e le fece molti complimenti sulla purezza e beltà della sua voce.»
NOTTE CDXCVII
— Verso mezzanotte, la principessa volse così la parola al fratello: — Sovrano commendatore dei credenti, Naam, appena convalescente, dev’essere stanca d’aver cantato e presa parte, tutta la sera, alla conversazione: se me lo permettete, voglio raccontarvi una storia da me letta una volta.» Il califfo avendole manifestato il diletto che avrebbe d’udirla, la principessa cominciò di tal guisa:
«— Signore, eravi una volta nella città di Kufa un giovane chiamato Naama, figlio di Rabia, il quale possedeva una schiava di cui erasi perdutamente invaghito; questa schiava, seco lui allevata, lo corrispondeva teneramente. Appena l’ebbe sposata, la fortuna, sempre incostante, gli fe’ provare la più tremenda delle avversità: un giorno vennero a rapirgli la consorte nella propria casa; il rapitore la vendè per diecimila pezze d’oro ad un principe potentissimo, il quale fece invano il possibile per farsene amare.
«Naama, alla disperazione per la perdita della schiava, abbandonò la famiglia e la casa per andar ad informarsi di quanto ne fosse accaduto, e per tentare tutti i mezzi possibili di riunirsi a lei; si espose ai maggiori pericoli, ed arrischiò anche la vita onde procurarsi tal felicità. Appena l’ebbe ritrovata, che il principe, il quale ne aveva fatto l’acquisto, avendoli