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«Il medico prese poi in affitto una bottega, facendola addobbare colla massima eleganza: era circondata da armadi ornati di lastre d’oro, e pieni di vasi della porcellana più fina, coi coperchi d’argento; il davanti della bottega era pieno di fiaschi di cristallo, contenenti oli preziosi, pozioni e droghe d’ogni specie.

«Il dotto uomo ebbe cura di far collocare in mezzo alla bottega il suo astrolabio e la tavola sulla quale faceva i suoi calcoli astronomici; si vestì poscia da medico in elegantissima foggia, e fece indossare a Naama una camicia di tela finissima, una tunica di raso con ricami di seta, ed una cintura a righe de’ più splendidi colori. — D’or innanzi,» gli disse, «voi mi chiamerete sempre vostro padre, ed io vi chiamerò mio figlio. —

«Tutto il popolo di Damasco accorse alla bottega del medico persiano, onde ammirarne la ricchezza e l’eleganza, e specialmente per vedere Naama, che allenava tutti per la beltà e perfezione de’ lineamenti. Il Persiano parlava al giovane in turco, e questi rispondeva nella stessa lingua. In tutta la città non si discorse fra poco se non del medico persiano; d’ogni parte si veniva a consultarlo su qualunque specie di malattie, correndo voce ch’egli possedeva rimedi per tutte. Dalla sola vista dell’orina dell’ammalato conosceva il male da cui era affetto, dava la medicina per guarirlo, e prescriveva il regime da seguire. In poco tempo divenne l’amico di tutti; la sua fama si sparse in tutta la città, e penetrò sino nel palazzo dei grandi.

«Un giorno in cui occupavasi a preparare le sue droghe, una vecchia dama, montata su d’una mula, colla sella ricamata in argento, si fermò davanti alla bottega, e gli accennò di venire a darle la mano per aiutarla a discendere. Il medico si avanzò gentilmente, le porse la mano e la fece entrare.