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Rabia sorpreso. E raccontò tosto al medico quant’era avvenuto a Naama.
«— La giovine schiava di cui mi parlate,» soggiunse il medico, «è ora a Basra od a Damasco, e noi non abbiamo altro mezzo per salvar vostro figlio, che di riunirlo a lei. — Se potete riuscirvi,» disse Rabia, «tutte le mie sostanze sono a vostra disposizione, ed io vi prometto di farvi la sorte più felice.
«— Ciò che riguarda me,» disse il Persiano, «è meno urgente.» E volgendosi a Naama: «Fatevi coraggio, figliuolo,» soggiunse; «in breve sarete soddisfatto.» Domandò poscia a Rabia se potesse disporre di quattromila pezze d’oro. Il vecchio andò tosto a cercarle, e glie le consegnò.
«— Il mio piano,» disse allora il medico, «è di condurre vostro figlio a Damasco, e vi giuro di non tornarne se non colla schiava che tanto ama.» Volta poscia la parola all’infermo, gli chiese il nome. Avendo udito che si chiamava Naama:
«— Orsù, Naama,» gli disse, «alzatevi, ed abbiate fiducia nella Provvidenza, che deve fra poco riunirvi alla vostra schiava; frattanto, moderate il dolore, e cercate di ricuperare le forze per essere in grado di sopportare la fatica del viaggio, giacchè, fra otto giorni, ci porremo in cammino. —
«Il medico persiano si occupò dei preparativi della partenza; si fece dare regali d’ogni qualità; domandò altri seimila zecchini per completare la somma di diecimila, che stimo necessaria per l’esecuzione del suo progetto, e fece preparare i cavalli, i camelli, e tutti i bagagli di cui avevano bisogno.
«Otto giorni dopo, il giovane fece i suoi saluti ai genitori, e partì col medico persiano. Si fermarono ad Aleppo per raccogliere informazioni sulla giovane schiava, ma non poterono ottenerne alcuna. Giunti a Damasco, riposarono tre giorni.