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ponesse qualche fiducia nel mio consiglio, siccome i geni e le fate possono cose superiori alla portata degli uomini, ella pungerebbe il principe Ahmed dal lato dell’onore, impegnandolo a procurargli certi vantaggi, per mediazione della fata, sotto pretesto di trarne grande utilità, di cui gli sarebbe grato. Per esempio, ogni qual volta la maestà vostra vuol mettersi in campagna, è costretta ad una spesa prodigiosa, non solo in padiglioni e tende per lei ed il suo esercito, ma eziandio in cammelli, muli ed altre bestie da soma, pel solo trasporto delle salmerie; or non potrebb’ella impegnarlo, pel gran credito che deve avere presso la fata, a procurarle un padiglione che potesse stare nella mano, e nonostante ricoverare sotto di sè tutto intiero il suo esercito? Non ne dico di più a vostra maestà. Se il principe apportasse il padiglione, vi sono tante altre domande di simile natura da potergli fare, che converrà alla fine soccomba sotto il peso delle difficoltà o dell’impossibilità dell’esecuzione, per quanto fertile di mezzi e d’invenzioni possa mai essere la fata che co’ suoi incantesimi l’ha ammaliato. Per tal modo, la vergogna farà che più non osi comparire, e sarà costretto a passare i suoi giorni colla fata, escluso dal commercio di questo mondo; così la maestà vostra non avrà più nulla a temere dalle sue intraprese, e non le si potrà rimproverare un’azione tanto odiosa come quella dello spargimento del sangue d’un figliuolo od il condannarlo ad una perpetua prigione. —
«Terminato ch’ebbe la maga di parlare, il sultano chiese a’ favoriti se avessero cosa migliore da proporgli; e vedendo che conservavano il silenzio, determinossi a seguire il consiglio di quella donna; come il più ragionevole, e che d’altra parte più si uniformava alla dolcezza da lui sempre seguita nella sua maniera di governo.»