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«All’indomani, la vecchia indossò un abito di lana grossolana, prese una corona a grossi grani, ed appoggiandosi ad un bastone alla cui cima stava attaccata una zucca, si diresse in questo arnese alla casa di Rabia, recitando ad alta voce, per essere udita, alcune preghiere, e ripetendo sovente:

«— Gloria a Dio, lode a Dio: non v’ha altro Dio che lui; ogni forza ed ogni potenza appartengono a Dio, altissimo, onnipossente. —

«Giunta dinanzi alla casa, all’ora della preghiera del mezzogiorno, bussò alla porta. Il portinaio venne ad aprire, e le domandò cosa volesse.

«— Io sono,» disse la vecchia, «una povera serva di Dio; mi trovo sorpresa dall’ora della preghiera del meriggio, e vorrei entrare in questa santa e rispettabile casa per farvi le mie preci. — Buona donna,» rispose il portinaio, «questa casa non è una moschea od un oratorio; è la dimora di Naama figlio di Rabia. — Lo so,» riprese la vecchia, «e conosco assai bene di fama questa casa ed i suoi abitanti; giacchè, qual mi vedete, io sono addetta al palazzo del califfo, e ne sono uscita da poco tempo per ispirito di divozione, e per fare alcuni pellegrinaggi.

«— Tutto ciò va bene,» continuò l’altro; «ma non posso lasciarvi entrare.» La vecchia insistette, e disse alzando sempre più la voce: — Come! sarà vietato di lasciar entrare nella casa di Naama, figlio di Rabia, una persona mia pari, che penetra a qualunque ora nei palazzi dei principi e dei grandi?» Naama, avendo udite quelle parole, si mise a ridere, fe’ segno al portinaio di lasciarla entrare, e condusse la vecchia all’appartamento della moglie.»