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riprese Rabia. «Questo nome somiglia a quello di Naama; voi non potevate sceglierne uno migliore, o che mi fosse più gradito. —

«Naama e Naam, educati insieme fino all’età di dieci anni, crescevano amendue in bellezza e perfezione, chiamandosi reciprocamente coi dolci nomi di germani. Rabia prese allora in disparte il figliuolo, e gli disse: — Figlio, Naam non v’è sorella, ma vostra schiava; io l’ho comprata per voi, quando eravate ancora in culla; non dovete più d’or innanzi chiamarla sorella. — Se così è,» rispose il giovanotto; «io posso dunque sposarla. —

«Naama corse tosto ad informare la madre di quanto aveva udito, e del progetto concepito. — Figliuol mio,» rispose la buona madre, compiacente quanto il marito ai desiderii del fanciullo, «Naam è vostra schiava, e potete disporne a talento.» Naama, lieto di quella risposta, affrettossi a far conchiudere il suo matrimonio con Naam, ne diventò perdutamente invaghito, e passò alcuni anni nell’unione più dolce e deliziosa.

«La fanciulla meritava infatti l’affezione del suo sposo; essa univa alla leggiadria del volto ed all’eleganza della persona, un umore dolce ed amabile, ed uno spirito accuratamente educato; leggeva con grazia infinita, e suonava ogni sorta di strumenti: la sua voce era commovente. Toccava tutti i cuori quando accompagnavasi colla chitarra e col tamburello, cui sapeva suonare con tal perfezione, che superava i migliori maestri del suo tempo; infine Naam poteva riguardarsi, a buon dritto, come la più bella ed istruita donna di Kufa.

«Un giorno che stava seduta vicino allo sposo, sorbendo insieme i sorbetti, si mise a preludiare sulla chitarra, cantando poi questi versi:

«— Giacchè un generoso padrone mi colma di