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«Habib getta lungi il suoe, sdegnando ogni vantaggio, e la pugna subito comincia; ma breve n’è la durata, chè il figlio di Selama non mena colpo che non penetri entro l’armatura del nemico, il quale cadè esangue a’ suoi piedi prima che gli altri cavalieri della tribù di Kleb siano giunti in tempo di recar soccorso al compagno d’armi. Il primo arrivato, dimenticando le leggi della guerra, piomba su Habib per rovesciarlo con un colpo di pettorale da cavallo: evita il valoroso quel colpo, ferisce mortalmente il competitore e l’atterra. Selama esce dalla barriera anch’esso, corre incontro al terzo, e lo rovescia; suo figlio, al quale lo scudiero avea condotto il cavallo, si unisce a lui, ed assieme si scagliano contro i tre guerrieri rimasti della tribù avversaria. Fuggirebbero costoro se la presenza della loro gente non li tenesse in soggezione: vengono dunque atterrati, ed i colpi tremendi che piombano loro addosso, li finiscono del tutto.

«Ecco Selama ed il figlio rientrati nel campo. Quanti portano il nome di cavalieri nella tribù de’ Benou-Helal, li circondano mezzo armati. Gioia mista a gelosia e confusione fa impallidire il viso di quei guerrieri scoraggiti. Vogliono conoscere chi siano i prodi mostratisi con tanta fiducia ed intrepidezza, e che, due contro sei, riportarono una vittoria sì pronta, e tanto inegualmente contrastata. Nè per ciò i due eroi alzano la visiera, e contentandosi d’inchinarsi civilmente a quelli che li colmano di lodi, stanno mutoli, e lo scudiero che parla per loro, risponde che quei due nobili e valorosi stranieri erano testè arrivati ad offrire i propri servigi all’emiro, nella cui tenda domandano di essere condotti per farsi da lui conoscere.

«I due eroi risalgono dunque sui corsieri, o prendono la via della tenda di Selama. Lo scudiero li precede, entra con loro, come per annunziarli, ed un momento dopo misteriosamente introdotti,