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è tempo che Selama sappia dalla bocca stessa del figlio, come il cielo glie lo abbia restituito. Il giovane eroe racconta la sua storia, dal primo istante in cui partiva per incamminarsi verso il Caucaso; descrive la condotta dei cavalieri sino al momento in cui l’abbandonarono nel deserto, esposto ai rigori del clima, alla fame, alla sete ed alle bestie feroci; dipinge ingenuamente le proprie fatiche, e persino il fallo imperdonabile, secondo lui, commesso nelle caverne che gli era stato d’uopo attraversare, e le conseguenze che aveva avute. Passa all’incontro delle figlie del mare, i cui soccorsi aveangli facilitate tutte le sue fatiche, ed anche in certo modo salvata la vita. In fino dipinge la felicità goduta nel momento in cui la sorte avevalo riunito alla sua cara Dorrai Algoase. Viene poi alle ragioni le quali, avendolo ricondotto al Caucaso, lo posero nel caso di sapere, per la prima volta, da Alabus, la sventura e l’estremità alle quali trovavansi ridotti i genitori e la sua tribù, ed il partito presa subito di recarsi in patria.»
NOTTE CDLXXXVI
— Selama ascoltò ogni cosa senza interromperlo; ma appena ebbe finito: — Non pensate, o figlio,» gli disse, «di trar vendetta dei vili cavalieri che risolsero di consumare la vostra perdita? — Padre mio,» rispose Habib, «lo credo inutilissimo. Li abbandono ai loro rimorsi ed alla vendetta celeste; simili mostri son di troppo a me inferiori, per compromettermi nella vendetta che ne potessi ricavare. — Quanto dite