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chiaro. Sappiate contenervi, o madama, per non morir d’allegrezza. Non ho sognato: ho veduto e teneramente abbracciato il nostro vero Habib in persona. È giunto qui, a quello che solea chiamare il suo casino di campagna; è entrato nel campo travestito da accattone, col volto impiastricciato di terra. Ei non vuol farsi conoscete da alcuno se non da suo padre e da noi. Dice ciò essere importantissimo pel bene degli affari del suo genitore, e voi sapete quanto saggio è il nostro Habib. Bisogna fare quello ch’ei dice. —

«Ad onta della precauzione del bicchier d’acqua, la principessa svenne. Allora la balia le fece fiutare alcune essenze. — Rimettetevi,» le disse, «o madama; una grande ventura sta per ricompensare tutte le nostre pene; il mio Habib mel disse: stasera guarderete il cielo, e non ci vedrete una sola stella che non brilli per noi. — Ma dov’è?» sclamò Alaschraf riavuta alquanto. — Nella mia tenda, dietro quella gran cesta di giunchi, giunta non ha molto piena di stoffe di Sciraz. Fatevi coraggio, ricuperate le vostre forze, madama, e venitelo a vedere dove si trova. Noi ci chiuderemo in camera con lui, gl’inanelleremo i capelli, gli laveremo il volto, e m’inganno a partito, o lo baceremo più bello che mai. —

«La donna si prova a recarsi alla tenda della buona governante. Colà, prese varie precauzioni per non poter essere sturbate, nè sorprese, rimovono la cesta, ed Habib cade a’ piedi della madre ch’erasi gettata sul letto della balia; allora bisogna ricorrere nuovamente alle essenze per trarre madre e figlio da uno svenimento comune.

«Finalmente ambedue rinvengono nelle braccia l’un dell’altra. — Ah! qual grazia del cielo ti restituisce a noi, mio caro Habib?» dice Alaschraf. — Quella a me dalle stelle promessa, o madama: vi vedete davanti il felice sposo di Dorrat Algoase, il re de’ sette