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volta il campo di suo padre, e quello in cui ora lo trova, diminuito di tre quarti. Non sono più semplici barriere che lo cingono, ma palizzate trincerate. E se, in quello da lui attraversato, vi sembrano occupati in preparativi militari, è per una guerra visibilmente difensiva.

«È impossibile immaginar l’impazienza dell’eroe di abbracciare e consolare i genitori, di poter rendere la vista al rispettabile autore de’ suoi giorni, e vedersi alle mani cogl’ingrati e vili che abusarono dell’infermità del loro capo per ribellarsi, e minacciarne persino la libertà: fortunatamente, onde abbreviare queste affliggenti riflessioni, deve tornare la buona governante. Il sonno ha per qualche tempo chiuse le palpebre dell’emiro, ed Alaschraf rientra nella propria tenda per ristorarsi e riposare. La segue la balia, e si chiude seco nella stanza. — Madama,» le dice, «voi avete molta fiducia ne’ miei sogni. È gran tempo che non ne feci se non di tristi, e per isventura furono sempre veri; ma quello che debbo raccontarvi mi empì di consolazione e speranza. I venti cavalieri che avevano accompagnato il nostro figlio nel deserto, sono tanti vili e mentitori. Il nostro caro Habib non è morto, ma sta benissimo. Ho baciato i segni che porta sul petto e sul braccio. — E quando pur aveste baciati questi segni in sogno,» disse la principessa, «può ciò fare che mentitori siano i cavalieri, e nostro figlio vivo? — Ah, madama!» rispose la vecchia; «io lo strinsi, ed egli m’ha stretta vivamente al cuore che batteva con violenza. Non era certo il cuore d’un morto, o madama, ed io ve ne assicuro.... — Ma dove, e quando faceste questo sogno? — Testè, madama; ma bevete questa tazza d’acqua fresca, e vi dirò di più.» Alaschraf ebbe la compiacenza di bere. «Buono,» continuò a dire, la vecchia, «adesso non arrischio nulla a parlarvi più