Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/502


96


ma. — Ma,» tornò a dire la vecchia, «guardate il vagabondo che mi chiama sua cara, e non mi dispiace? Finirai di recarmi questo gran piacere, ch’io mi stanco d’attendere? — Voi amate certamente il povero Habib! — E tu vieni forse qui per farmi piangere? — Per lo contrario, se l’amate, consolatevi; ei non è morto. —

«Ciò dicendo, la teneva per le mani, e le impediva di gridare. — Taci, taci, mia cara!» diceva «egli; «io sono Habib. Ti farò vedere il segno che tengo sul collo, quello che ho sul petto, e ti canterò la canzoncina fatta per te. — Come! come!» disse la buona vecchia, scossa al suono di quella voce; ed Habib le chiude colle mani la bocca. — Zitto, farai morire mia madre di sorpresa: vengo per riscattare mio padre dalle mani de’ suoi nemici, e tu sarai origine di mandar a vuoto il colpo, se sanno che mi trovo qui. Taci, taci, frenati, in nome di Dio, mia cara! Indicami una tenda dove nascondermi. Se non posso entrare per la porta, m’introdurrò sotto alla parete, e t’insegnerò come fare acciò la nuova del mio ritorno, che sarà data da te, non possa produrre sensazione alcuna, e rimanga segreta tra noi quattro: ciò è importante alla sicurezza di quanti siamo. —

«La buona schiava, rimasta come soffocata, non può più parlare pel pianto; niuno è nella sua tenda, e vi conduce il caro allievo: colà Habib, datale una lezione intorno al modo che deve tenere per avvertir la madre, cerca di nascondersi in modo di non poter essere scoperto, e la buona governante va a spiare il momento di poter parlare ad Alaschraf (così chiamavasi la genitrice di Habib), che quasi mai non lasciava Selama.

«Il giovane rimane solo, e riflette dolorosamente, paragonando lo stato formidabile nel quale una