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il cavaliere li rassicura. — Qui nulla vedete che vi sia nemico,» dice loro; «io sono lo sposo di Dorrat Algoase, vostra regina, ed il vostro sovrano. L’oggetto che vedete in aria, è un roc, sul dorso del quale sta la mia sposa, che viene con me per darvi quei soccorsi de’ quali abbisognate, ed a ristabilire l’ordine e la pace tra voi. Ma dov’è il palazzo abitato da Abarikaf?.

«— Sire,» quelli rispondono, «ci trovate a tal proposito assai sbalorditi. Era in questo luogo, e più non ne scorgiamo nemmen le ruine. Tutto n’era fantastico come le forme ch’egli ogni giorno prendeva; poichè in terra faceasi talvolta mastino di grossezza spaventosa, era nell’aria un uccello enorme, in acqua una balena. — Aveva vari prigionieri,» proseguì Habib; «che avvenne di loro? — Sire,» risposero gli abitanti, «se sono qui in qualche luogo, debbono essere molto languenti, chè il tiranno impediva loro di morire, ma non li faceva vivere. — Conoscete il principe Daliska? — Ne abbiamo udito parlare, o sire. Ei lo caricò di ferri a motivo dei capelli di sua moglie, de’ quali il tiranno ed i suoi voleano rendersi padroni. Il principe non ha mai acconsentito a cederli. — Andate,» disse Habib, «scorrete per ogni dove. Darò larga ricompensa a chi mi farà trovare quel principe sventurato. —

«Gli abitanti obbedirono, e trovarono Daliska steso sull’erba, vicino al sito dove esistevano le prigioni fabbricate da Abarikaf per incantesimo nei contorni del suo palazzo: formata immantinenti una barella, portano ad Habib il principe estenuato e quasi moribondo. Le figlie del mare sollecitatisi intorno a quel commovente oggetto di compassione. Dorrat Algoase osserva il movimento che ne risulta: curiosa di saperne la cagione, rassicurata dalla presenza dell’eroico sposo contro ogni specie di timore, fa discendere il