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giovanotta?» ripresa il visir. — Fu egli,» tornò à dire ancor più vivamente Ilzaide, «che uccise quel cane di Racascik, il suo figlio tigre ed un gran gigante tutto di ferro; che liberò la dama dai bei capelli, che distrusse tutti i mostri che formano la nostra disgrazia: ei fa tutto in nome della nostra regina Dorrat Algoase: le mie sorelle dicono che è un eroe io non so cosa sia un eroe, ma se lo amaste al par di me, correreste subito a vederlo.—
«Godeva Dorrat Algoase, ad onta della sua impazienza, d’udire gli elogi ingenui tributati all’idolo del suo cuore: poi, voltasi ad Ilbaracas: — Spiccate il volo,» gli disse; «voi conoscete Habib: andatelo a trovare, presentatevi a lui sotto la vostra forma naturale, e fatelo portar qui da due de’ vostri geni; farete poi dare in secco la balena sulla sabbia.— Le mie sorelle, madama,» uscì a dire Ilzaide, «bisogna che le facciate venire anch’esse; sono sempre state coll’eroe, nè vorranno lasciarlo. — Sì, mia amabile ragazza,» disse la regina; «riceveremo qui le vostre sorelle come voi, e vi colmeremo di carezze. —
«Ilbaracas parte: quel vecchio ministro si acqueta allorchè vede che la gentile ambasciatrice rimane in ostaggio; la verità dell’esposizione da lei fatta non sembra quasi più dubbiosa. Giunge Alatros. — Sì, è il vostro cavaliere arabo che siamo per ricevere, figliuola mia; me ne assicurai testè, e venni avvertito ch’egli ha ricollocate sul vostro capo tutte le corone che n’erano state tolte.» La bella regina prova trasporti di allegrezza che la traggono fuor di sè; comanda al visir, prega l’avolo di dare tutti gli ordini perchè il suo vendicatore, l’eroe, l’amante suo, il suo sposo, sia trionfalmente ricevuto, e si fa riferire dall’ingenua Ilzaide circostanze che la empiono di tenerezza.
«Ilbaracas ha raggiunto l’eroe, e gli propone di