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lei devoto per tutta, la vita, chiede il permesso di venirle a cadere a’ piedi. —

«Prende Ilzaide la fronda, e nuotando va a riuscire tra due acque sotto uno scoglio che stava all’ingresso del porto; colà si compone, e mostrasi a un tratto, col suo caduceo in mano, alle guardie della costa, pregandole di condurla dalla regina: ognun può argomentare del trasporlo di gioia dal quale fu colta Dorrat Algoase alla vista ed ai discorsi della vezzosa ambasciatrice. Però il suo primo ministro la trattiene, mentre vorrebbe volare alla spiaggia. — Madama,» le dice, «il vostro nemico è istruito che le stelle vi promettono il soccorso d’un cavaliere d’Arabia; può valersi di labbra ingenue per tendervi un laccio; molto straordinario sembra il bastimento che porta il vostro cavaliere; lasciatemi fare qualche interrogazione all’ambasciatrice che vi si manda... Giovane figlia del mare, poichè ben veggo che lo siete, sapreste voi dirci per qual mezzo il cavaliere che annunziate pretenda di qui arrivare? Sull’isola galleggiante ove si trova, non potrebbe approdare senza correr rischio d’otturare il porto. — Voi prendete dunque per isola una grossa balena,» disse Ilzaide, «ch’io lo vidi uccidere, e sulla quale noi siamo con lui salite, le due mie sorelle ed io? Egli dice che questo enorme mostro era il maggior nemico della regina, e che glielo vuol presentare. — E voi da questo fatto non riconoscete Habib?» sclamò vivamente la regina. — Non ancora, madama,» rispose il ministro; «Abarikaf può venire ad impossessarsi del vostro porto sotto la forma d’una balena, o darvi leggi sotto la propria. — Abarikaf!» riprese subito Ilzaide; «ei ne ha fatto immensi mali co’ suoi; ma credo che non ce ne possa far più; suppongo sia egli quello che si ode lamentarsi nel ventre della balena; almeno l’eroe lo dice. — E chi è questo eroe, mia bella