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d’osservare con maggior agio le conseguenze dello spaventevole combattimento, del quale è uscito vincitore.

«Quando Abarikaf lo ha assalito, il ribelle era contornato da mostri simili a lui e d’altri più terribili ancora, soggetti ai geni vassalli, complici de’ suoi delitti; il suo pericolo li ha tutti allontanati. Ciechi di terrore, credono trovare la propria salvezza nella fuga, vogliono anzi abbandonare i corpi de’ pescispada, de’ lioni marini ne’ quali erano entrati per forza di magia, ma un incantesimo più potente ve li trattiene. Sono i capelli della regina delle isole Verde ed Azzurra, una parte de’ quali Habib avea gettati in mare in un momento d’impazienza. — Facciano questi capelli,» diss’egli, «tanti schiavi di Salomone, quanti con essi pretese di farne Nisabic per istabilire la propria potenza! —

«Il prestigio inerente ai capelli ottenne il suo effetto, e da quel punto, i geni erano rimasti prigioni nei corpi degli abitanti marini loro assoggettati da un incanto.

«La balena, entro cui trovasi Abarikaf, spossata per la perdita totale del sangue, ricomparisce alla superficie dell’acque come corpo inanimato, e vi galleggia qual un’isola. Il cavaliere arabo slanciasi dal suo delfino sul dorso del vinto nemico, e rende grazie a Colui che dà la vittoria. — Ebbi fiducia in lui,» sclamò, «e non ho temuto di sprofondarmi nei gorghi marini; ei mi tenne gli occhi aperti, e mi concesse la libertà delle mani. Attaccai uno smisurato mostro, ed egli fe’ scendere il ferro sino al cuore del mio nimico. Esauste le forze, mandò Ilzaide in mio soccorso: un fanciullo che viene da parte sua, vale egli solo una legione. —

«In tal momento, Ilzaide, incoraggiata dall’esempio del valoroso cavaliere, si slancia sul dorso del-