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mente le sembra che il mare si abbonacci, e vede che l’eroe nuota, ma liberamente. «È desso!» esclama; ei tenta di passare lo stretto a nuoto! va ad annegarsi!» e slanciasi nell’onde. Invano le sorelle la richiamano, e finiscono col gittarsi dietro a lei; ma non sono le sole che la seguono. Due delfini, sciolti dalla zattera, ed usi a scherzarle intorno, sono a’ suoi fianchi; il loro istinto ve li attacca, ed i flutti tranquilli più non oppongono resistenza agli esercitati nuotatori.

«Ilzaide crede d’essere in breve a portata di prestar soccorso all’oggetto, la cui sorte le ispira tanta inquietudine; d’improvviso egli sprofonda e sparisce; immergesi anch’essa, e sta spettatrice d’una terribil pugna. Habib è alle prese con Abarikaf in persona, entrato nel corpo d’una balena, alla quale fa fare prodigiosi sforzi. Allorchè l’eroe vuol avvicinarsele, l’animale smisurato apre una gola immensa, e vomita un torrente d’acqua che lo respinge. Ricomparisce Habib sui flutti, vi s’immerge di nuovo, slanciasi sul dorso del mostro, e la sua scimitarra, alla quale nulla può oppor resistenza, penetra fra le coste sino nell’interno dell’enorme massa vivente che egli attacca. Dibattesi il colosso acquatico, copre di sangue e spuma il mare, e sprofonda negli abissi.

«L’eroe trovasi costretto a cercar respiro alla superficie del liquido elemento, sempre attento a seguir l’orma sanguinosa che spiccia dal mostro; ma cominciano a mancargli le forze, allorchè vede avvicinarsi Ilzaide. — Salite sopra un delfino, signor cavaliere,» gli dice; «v’arrischiate troppo. Come! voi, che siete un semplice mortale, potete arrischiarvi in alto mare, facendovi tutto ciò che vi fate?» Il cavaliere arabo riconosce la protezione del cielo in quell’inaspettato soccorso; segue i consigli d’Ilzaide, e tosto, col di lei aiuto, montato sul delfino, è in grado