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loro comunicata, sommergerebbero un grosso vascello; orrendo è il mare nel quale si dibattono.
«Per quanto agguerrite siano le naiadi a vederne i più mostruosi abitatori, benchè rassicurate dalla presenza dell’eroe, fatta per incoraggiare l’inesperienza e la medesima timidità; pure, colpite da quello spettacolo strano e nuovo per esse, hanno prontamente raggiunta la terra, e vengono sulla riva a circondare il cavaliere arabo, che rimane un istante assorto nei propri pensieri.
«L’eroe stava allora sulla punta d’uno scoglio scosceso; precipitasi colla testa innanzi nel mare, e trovasi investito da tutte le parti da pesci che lo incalzano, ma non l’offendono. Da per tutto ove giunge la scimitarra, uccide: i flutti sono in breve coperti di sangue; ma la lor folla aumenta in luogo di diradare; ne è sospinto da tutte le parti, essendo i mostri trattenuti da barriere che lor vietano di fuggire. Il guerriero copre l’oceano di cadaveri galleggianti e si affatica indarno, mentre le legioni squamose che gli sono intorno sembrano aumentare. Sorge un momento al di sopra delle reliquie dei moribondi che lo attorniano. — In nome di Salomone,» grida, «da qualunque forza siano questi pesci qui trattenuti, si ritirino ne’ mari più remoti di questa parte del globo. —
«Il comando è seguito dall’effetto più pronto: suscitasi nei marosi un movimento prodigioso, e la folla degli animali acquatici scompare. Il cavaliere trovasi a nuoto in un mare libero, sul quale si veggono galleggiare corpi privi di vita; chè tutti gli esseri viventi si sono allontanati. Le tre figlie del mare osservano dall’alto dello scoglio ciò che accade; Ilzaide vede l’onda tingersi a più riprese di sangue, ed ogni volta ha gettato un grido di spavento. Allorchè scorge innalzarsi sull’acqua il braccio e la sciabola, si rassicura. — Ecco laghi di sangue,» dice, «ma non è il suo.» Final-