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«La fata Pari-Banù, la quale, mentre il principe le parlava, aveva tenuti gli occhi fissi sulla pretesa malata, comanòo a due delle sue donne, che l’avevano seguita, di riceverla dalle mani de’ cavalieri, condurla in un appartamento del palazzo ed avere per essa i medesimi riguardi che avrebbero usato alla di lei persona.

«Mentre le due donne eseguivano l’ordine ricevuto, Pari-Banù, accostatasi ad Ahmed ed abbassando la voce: — Principe,» gli disse, «lodo la vostra compassione; è degna di voi e della vostra nascita, ed io mi fo un vero piacere di assecondare la vostra buona intenzione; ma mi permetterete di dirvi ch’io temo la vostra pietà non abbia ad essere mal ricompensata. Mi sembra che quella donna non sia tanto malata quanto vuol far apparire, e credo sbagliarmi assai se dessa non è stata appostata espressamente per arrecarvi gravi disgusti. Questo però non vi dia pena; checchè si possa macchinare contro di voi, siate persuaso ch’io vi libererò da tutti i lacci che vi si potessero tendere: andate, e proseguite il vostro viaggio. —

«Quel discorso non inquietò Ahmed.

«— Mia diletta,» rispose, «siccome non mi ricordo d’aver fatto male a chicchessia e non ho pensiero di farne, così non credo nemmeno che alcuno pensi di arrecarmene. Comunque esser possa, non tralascerò di fare il bene ogni qual volta me se ne presenti il destro. —

«Ciò detto, s’accommiatò dalla fata, e ripresa la sua strada, interrotta per occasione della maga, in poco tempo giunse col seguito alla corte del sultano, che lo ricevette all’incirca secondo il solito, trattenendosi, per quanto gli era possibile, onde nulla lasciar trasparire del turbamento prodottogli dai sospetti, fatti nascere in lui dai discorsi de’ favoriti.