Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/433


27


agli ordini d’un fedel musulmano: portalo sul monte Caucaso, verso il deposito d’armi del saggio e possente Salomone. —

«Il roc, obbedendo, trasporta il giovane sulla montagna ch’era lo scopo del suo viaggio. I di lui sensi, istupiditi per la rapidità del volo, nè aumentano la debolezza; è accolto da Alabus, il quale lo trasporta ratto in un luogo, dove presto lo rianima un calore dolce e penetrante.

«Mano mano che rinviene e ripiglia le forze, il senso della sua gratitudine gli spunta sul labbro. — Che! siete voi, mio caro Alabus? non mi avete dunque abbandonato?

«— Ordini superiori a’ miei, o valoroso principe,» risponde il genio, «qui vi condusse. Un uccello del gran Salomone v’ha portato; il mio dovere vuole ch’io qui vi riceva, e dovete giudicare con qual contento lo faccia. Non ignoro nè il tradimento che vi fu fatto, nè i patimenti sofferti nei deserti, nè la terribile disperazione alla quale Selama è in preda; custode de’ tesori di Salomone, racchiusi nelle viscere della terra, non ho potuto allontanarmi di qui senza suo ordine, ned esservi di alcun soccorso. Il cielo vuole che la virtù sia provata dai rovesci, e ve ne accaddero d’assai strani. L’affanno de’ vostri genitori pareggia il vostro; sorti di gloria vi attendono, ma bisogna rapirli colla forza: è la sorte dei privilegiati tra i figli d’Adamo. —

«Mentre così parlava, imbandiva una colazione, composta di cibi che incomodar non potevano uno stomaco affranto dall’astinenza più rigorosa. Habib ne prese, maravigliando di trovare un’abbondanza sì dilicata in mezzo al più spaventoso deserto.

«— Qui siete nel soggiorno degl’incanti,» disse Alabus; «nessun mezzo può mancare al gran Salomone, a lui che assoggettossi colla profonda sua sapienza