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«Fra i cospiratori eravene uno, certo Rabia, al quale ripugnava il delitto, ma non osava esternare i veri suoi sentimenti, temendo di esporsi al rancore degli altri; palesando quella trama ad Habib, abbandonava tutta la comitiva alla sua vendetta, e poteva inoltre trovarsi compromesso. Se l’eroe era vincitore, vedeasi necessariamente costretto a seguirlo solo.

«In tal incertezza, rimproverò a’ compagni il sanguinario disegno. — V’ha,» disse loro, «un mezzo più sicuro e men criminoso. Io conosco un’erba che cresce in questi luoghi; la foglia n’è rivestita d’una polvere bianca, dotata d’un’attività più potente dell’oppio. Ne raccoglierò, e saprò trovar l’occasione di mescergli codesto soporifero. Addormentato che sia, lo abbandoneremo in questi deserti. —

«Si arresero i congiurati al consiglio di Rabia, che venne incaricato dell’esecuzione del progetto; raccolse il pericoloso veleno, ne prese diligentemente la quantità necessaria per evitare al principe una morte certa e la tenne in serbo per l’occasione, la quale presentassi nella medesima sera.

«Giunti in una pianura dove la freschezza d’un ruscelletto manteneva un buon pascolo, Habib si lasciò persuadere a prender quivi un po’ di riposo, e, più per prudenza che per bisogno, si arrese all’invito. Ritirossi pieno di fiducia sotto la propria tenda, prese qualche cibo, ed inghiottì d’un sorso il veleno già preparato in una tazza di latte. I congiurati, approfittando del profondo sopore del loro capo, levato via quanto poterono, partirono in fretta, non lasciando al giovane Habib se non lo scudo che aveva sotto la testa, il mantello sul quale stava coricato ed il pugnale che portava alla cintura; e ripigliata la strada dell’Arabia, dopo molte fatiche videro finalmente, sventolare le banderuole delle tende dell’emiro.