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che vedeva, il timore ed il rispetto ispiratogli dalla regina dei geni lo trattennero.

«— Voglio,» disse la real donzella alle ninfe, «aspettar qui colui che il ciclo mi destina per isposo; ho per lui abbandonata Medinazilbalor (1), la capitale de’ miei stati, e per vederlo vengo dall’estremità del mondo. So che passeggia spesso in questo giardino, e forse, istruito del nostro comune destino, e del passo che l’amore mi fa fare, potrà venire egli stesso a qui cercarmi. Ma che! il mio cuore mi dice che non è lontano, e mi sembra vederlo fra quelle piante che avviticchiano i folti loro rami. Perchè si nasconde? Ha timore forse di mostrarsi agli occhi della donna che non teme confessargli il proprio amore? —

«Il principe uscì dal boschetto, trasportato di gioia, e corse verso la donzella. Essa gli andò incontro, e gli volse due versi il cui senso era che l’amore la rendeva infelice in mezzo alla sua gloria e grandezza, e che uno sguardo del principe faceva maggior impressione sul di lei cuore, più che gli omaggi ed il rispetto di tutto ciò che la circondava.

«Il giovane le rispose provare i medesimi sentimenti dacchè il genio Alabus, rivelandogli il segreto dei loro futuri destini, gli avea descrìtto il ritratto della donna che doveva infiammare il suo coraggio, e farlo trionfare di tutti gli ostacoli che opponevansi ancora alla loro felicità: aggiunse che da quel tempo tutto gli sembrava insipido, e che il sonno non avea più dolcezze per lui.

«Mentre così conversavano, Habib vide un uccello di straordinaria grossezza, che fermossi a lor dinanzi. L’uccello sbattè le ali, e tosto videro un venerabile vecchio, il cui volto palesava una saggezza dolce ed amabile. Avanzatosi verso i due amanti, prosternossi a’ loro piedi.

  1. La città di cristallo.